trovato in rete lo copio qui:
LA JUVE OLTRE OGNI COSA - 1° LUGLIO 2006
A tutti i tifosi della Juve (e soprattutto a quelli disamorati).
A tutti quelli che il 1° luglio 2006 erano con me.
A tutti quelli che avrebbero voluto esserci.
A tutti quelli che pensavano fosse per la Juve l'Estrema Unzione.
Fu invece il Battesimo della Nuova Juve.
Sono figlio di uno sfegatato juventino, diventato tale quando nella sua città d'adozione, la capitale sabauda, dominava il Grande Torino, forse perchè in cuor suo, da astigiano ed unico non torinese, voleva distinguersi dai suoi compagni di classe e professori, tutti torinisti.
Ho quarantuno anni ed il mio primo, limpido ricordo riguardo alla Juve riporta ad un'amara sera, quando di fronte ad un teleschermo in bianco e nero, nel silenzio surreale del nostro soggiorno, l'unico rumore che si sentiva era il "plic" delle mie lacrime nel piatto di minestra ormai fredda. Eravamo stati eliminati dal Bruges nella semifinale di Coppa dei Campioni (non pagavamo nulla per guardarla...), Gentile espulso e rigore negato a pochi minuti dalla fine su Boninsegna: fu la prima ingiustizia che ferì il mio animo.
Mia madre non capì il dolore che avevo dentro e mi apostrofò con parole dure: "Non fare il cretino, è solo un gioco!"; io scappai nella mia stanza singhiozzando, mentre mio padre diceva a mia madre di lasciarmi stare, di farmi sfogare.
Dopo poco il mio babbo venne a consolarmi con queste parole: "Roberto, è la prima volta che soffri per la Juve, ce ne saranno tante altre, ma ci saranno anche tantissime gioie, tante bandiere da sventolare e abbracci indimenticabili..." .
E stette con me fino a quando mi addormentai, raccontandomi di quando andava al Vecchio Filadelfia, nel dopoguerra, poco più che bambino, da solo, a vedere la sua Juve perdere derby dopo derby. Ed io, vergognandomi del mio pianto, mi domandavo cosa lo spingesse a partecipare ad un evento che lo avrebbe fatto soffrire...
E poi mi parlò di Boniperti, Charles e Sivori, di Parola, e anche della maglia che si gonfiava sulla schiena e del perchè ci chiamavano "Gobbi".
Ecco, da quel giorno, nella sofferenza, nell'incomprensibile ingiustizia per la mente di un fanciullo, è nata la mia fede: ero un Gobbo, come mio papà.
Ero già stato diverse volte con lui al Comunale, mi ricordo Haller, Furino ed il compianto Salvadore, mi ricordo che cantavamo tutti insieme "Mille bandiere bianconere intorno a noi, ci fan sentire in campo undici eroi...", ma non il risultato di una sola partita: mi lasciavo distrarre dall'omino che vendeva le patatine o i gelati, eppure, quasi sempre, vincevamo.
E' servito un piccolo dramma di bambino, quel torto subito, per farmi provare questo magico senso di appartenenza, che mi ha accompagnato e mi accompagnerà tutta la vita e che, in questo ultimo anno, si è ulteriormente rafforzato, grazie all'InGiustizia.
Non voglio disquisire sulle sentenze, sulla serie B, la Champions negata, i due scudetti strappati dai nostri vessilli, su tutto ciò che ancora dovrà accadere, ma oggi, come la scorsa estate, provo lo stesso sentimento di quella terribile serata, come tutti i veri bianconeri.
La partita era finita, e nella mia mente continuavo a vedere Boninsegna falciato in area, mio padre che urlava: "Rigore!", e l'arbitro che non portava il fischietto alla bocca... Perchè? Perchè? Neanche il mio papi era riuscito a spiegarmelo.
Non c'era risposta, nella mia mente di bambino, era così e basta, come oggi.
E' così e basta: non cerchiamo di capire ciò che nessuno sarà in grado di spiegarci, la partita dei tribunali purtroppo è finita, insabbiando tutto ciò che non ci riguardava; nessuno saprà darci una risposta accettabile.
Ritorniamo piccoli. E non facciamoci del male.
Sul manubrio della mia bicicletta, barattata da mio padre con un amico granata in cambio di un abecedario da me non più utilizzato, sventolava sul manubrio di fianco al campanello una bandierina triangolare bianconera con tredici piccoli scudetti ed il caro, vecchio stemma su cui campeggiava il nome "JUVENTUS".
Gioventù, quella di un bambino.
Potranno essere due titoli revocati a spaventare un bimbo? Se ce ne fossero stati undici non sarebbe cambiato nulla, anzi...
Mio padre me l'aveva promesso: ho vissuto innumerevoli gioie, decine di sfilate, bagni nelle fontane di piazza C.L.N., girato in mezzo mondo per seguire quella maglia. Ecco, quella inconfondibile maglia.
Salviamola, a prescindere da chi la indossa. E per favore, distinguiamoci dagli altri, ancora una volta.
Anche se siamo stati gli unici a pagare. Siamo della Juve.
Nella sofferenza, seppur ingiusta e inconcepibile, si cresce.
Sono tanti i giovani tifosi bianconeri che, grazie ai nostri amati colori, non hanno ancora pianto sopra il piatto di minestra fredda: la serie B è servita soprattutto a loro, per farli innamorare.
Uno di essi era presente nel maggio 2005, a festeggiare la vittoria del campionato, quello non assegnato dalla CAF. Era poco più che un neonato. Ma non se ne ricorderà. E' mio figlio Alberto.
Alla marcia del 1° luglio, sul piazzale di Corso Unione Sovietica infuocato dal sole torrido, c'era un Gobbo in più, era sempre lui, tre anni compiuti il settembre scorso, che in vacanza al mare si è sentito dare dal ladro, solo perchè indossava la maglia di Del Piero. Forse se ne ricorderà.
Nel parcheggio degli operai e impiegati Fiat, era accompagnato da suo nonno, mio padre, che ha notato per primo, chissà come mai, una bandiera granata sventolata in segno di sfida su un balcone da un'attempata signora.
Ecco la fede che si tramanda: io in mezzo alla folla, quarantenne, sudato fradicio ad urlare il mio amore per la Juve, il mio figliolo immagliettato sulle spalle del nonno che, come non succedeva da tempo, fissando la bandiera dei "nemici" aveva lo sguardo fiero e l'aria da bambino di quando, adolescente, andava a piedi al Fila, consapevole che sarebbe servito un miracolo per ottenere un pari.
E questo miracolo, oggi, possiamo farlo solo noi, i veri Gobbi: è il momento che la Juve diventi anche nostra.
Siamo onesti: la Juve ci ha dato molto di più di quanto abbia ricevuto. E' ora di fare sentire la nostra presenza, il nostro affetto, per ricucire su quella splendida casacca il tricolore strappato dall'altrui invidia. E il piccolo Alberto? Che contributo può dare?
Il Comunale (mi scusino gli "olimpici" se lo chiamo ancora così) lo ha accolto quest'anno, col nonno e col papà, in Curva, uniti nella fede.
Grazie ad un abbonamento acquistato, dopo quindici anni di assenza dal Delle Alpi, nei giorni in cui l'opinione pubblica ed i media cercavano di spingerci in serie C2.
E la serie cadetta poco importa, per gente come noi, che amiamo oltre ogni cosa la Vecchia Signora.
E' distratto da bibite, bandiere e palloncini, e non ricorderà il nome di un calciatore juventino della serie B, quando sarà grande.
Ma verrà il giorno in cui tra qualche anno, piangendo dopo una sconfitta immeritata all'ultimo minuto su un rigore inesistente fischiato dal figlio di Collina, chiederà perchè nell'anno 2006/2007 abbiamo giocato in serie B.
Ed il suo babbo, a differenza di come fece il nonno con lui, sarà in grado di spiegarglielo: utilizzando una parabola, con la dignità di chi ha una fede, per dare un senso a ciò che è ingiusto.
E di sicuro, anche per Alberto, l'amore per la Juve nascerà in quel momento, se non è già nato il 1° luglio 2006.
Sperando che sul tavolo non ci sia un piatto di minestra, così la mamma non se ne accorgerà e non lo sfotterà.
Ma il papà andrà a consolarlo parlandogli di Scirea, di Furino e di Zoff, dello scudetto dei 51 punti. E di Brady, il primo straniero che ha visto in bianconero, molto meno straniero di tanti giocatori juventini italiani di oggi.
La notte sognerà le maglie zebrate degli anni 60 gonfiate dal vento, che il nonno gli aveva fatto vedere qualche giorno prima in un filmino muto super-otto di un Juve - Cagliari al Comunale.
E per la prima volta si sentirà veramente Gobbo.
In un mondo del calcio che sia simile a quello che, il giorno della tragedia di Superga, fece commuovere mio padre insieme ai cugini granata.
Andate allo stadio in massa, anche se, ne sono certo, ci perseguiteranno ancora.
Siamo l'unica cosa rimasta al nostro Amore.
I bambini sotto i sei anni, entrano gratis insieme al possessore della tessera di abbonamento o del biglietto d'ingresso.
Portate i Vostri figlioli sulle spalle e saremo almeno cinquantamila.
E se ora vi scorre una lacrima sul viso, me ne rallegro.
Non asciugatela, diventerà d'oro.
Come i due astri splendenti sui due magici colori.
Il bianco e il nero.
Tutte insieme, queste lacrime d'oro, hanno già partorito, dentro di noi, la terza stella.
La più importante: quella del dolore e della rinascita.
Per i Vostri genitori.
Per le vittime dell'Heysel.
Per Gaetano Scirea.
Per Andrea Fortunato.
Per Romeo.
Per Riccardo Neri e Alessio Ferramosca, la vera "Gioventù"
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Lun Lug 09, 2007 1:56 am
